Da Foligno a Norcia e poi attraverso la grande piana di Castelluccio. Tra sole e tempesta, una pedalata straordinaria con arrivo, inaspettato, a San Benedetto del Tronto.
- Mappa: tappa1, tappa2, tappa3
- Traccia GPS: non disponibile
- Foto
- Partecipanti: Augusto, Davide, Enrico, Ivan, Riccardo
- Foligno – Norcia (23 Aprile)
- Norcia – Castelluccio di Norcia (24 Aprile)
- Castelluccio di Norcia – San Benedetto del Tronto (25 Aprile)
Partitiamo da Pavia molto presto per recarci prima a Milano e da li’ proseguire poi per Ancona sempre con treno interregionale. A Piacenza si unisce al gruppo Riccardo con una bici “recuperata”. Giunti ad Ancona breve sosta per uno spuntino e una riparazione alla bici di Augusto. Prendiamo quindi il piccolo convoglio che lentamente ci condurra’ a Foligno passando per le dolci colline tra Fabbriano e Foligno. Il treno e’ piccolo, ma la carrozza destinata alle bici sorprendentemente nuova e ampia, tanto che e’ possibile effettuare la messa a punto di alcune bici, quella di Davide e nuovamente quella di Augusto.
Arrivati a Foligno, dopo la foto di rito alla partenza, la strada prende subito a salire per la Forca di Cerro. Il cielo e’ un po’ grigio ma si intravedono alcune schiarite e nonostante la fatica scendiamo rapidi nella boscosa valle del Nera. Con una serie di saliscendi alquanto faticosi procediamo per Norcia, sono circa le 17 del pomeriggio quando Augusto a pochi km dalla cinta muraria della citta’ decreta una sosta aperitivo. Come per magia, sostando al “Ristorante-Albergo dei Cacciatori” si materializzano due vassoi di affettati accompagnati da un buon vino bianco. Alla ripartenza e’ la bici di Ivan ad avere la gomma forata, ma ormai siamo diventati rapidissimi nel cambio gomme. Giungiamo infine a Norcia con un allungo finale di Ivan e Davide e prendiamo possesso delle nostre camere presso l’Hotel da Benito (previa assicurazione che il Benito in questione fosse semplicemente il nome del nonno del titolare). Ivan sarebbe infatti stato pronto a tutto, ma non a dormire in un covo di nostalgici…
Norcia e’ una cittadina ricca di piazze, fontane, chiese e soprattutto negozi dedicati all’arte del norcino. Decidiamo di conoscere meglio la cucina locale nel ristorante dell’albergo dove alloggiamo. Si rivela un’ottima scelta! Piatti di pasta fatta in casa con generose dosi di tartufo sono una vera goduria per il palato! Segue un secondo altrettanto degno che schianta la resistenza del povero Enrico che si addormenta al tavolo. E’ ora di riposare.
Ci lasciamo alle spalle Norcia in una splendida giornata di sole per recarci a Castelluccio di Norcia, bellissimo borgo che sorge al centro dell’omonima piana famosa per la coltivazione delle lenticchie e i colori delle fioriture che si alternano durante l’anno. Questo altopiano si eleva isolato a quota 1000 metri e per raggiungerlo sara’ necessario affrontare la salita di Forche Canapine (1450 m s.l.m.). Ognuno sale del proprio passo e giungono in vetta prima Davide seguito a breve distanza da Riccardo e Ivan. Augusto giunge dopo poco sempre in perfetto stile precedendo Enrico che ha sentito piu’ di tutti la salita. Decidiamo di ritemprarci nel vicino Rifugio Perugia dove praticamente ordiniamo l’intero menu’… tanto che il cuoco si trova costretto a chiederci di mettere piu’ metodo nelle nostre ordinazioni. L’ospitalita’ e la cucina sono comunque eccelse: viene acceso il camino per grigliare la carne, la pasta con il ragu’ di piccione, la scamorza al miele… dopo piu’ di due ore ci alziamo solo per andare a riposarci sull’erba rasata dal brucare degli animali tutt’intorno al rifugio. Alcuni cavalli semi-bradi ci tengono compagnia fino a quando nel pomeriggio decidiamo di colmare gli ultimi km sul fondo della piana che ci separano da Castelluccio.
La piana e’ stupenda, sovrastata dal monte Vettore che costituisce il bordo orientale di questo catino che una volta ospitava un lago ormai svuotato. Lasciamo i nostri bagagli alla pensione Sibilla, dove trascorreremo la notte, e ci dirigiamo, in bici, per un breve fuori strada fino alla vetta di una vicina collina. Da qui la vista e’ notevole su Castelluccio, sui Sibillini (Riccardo ci racconta di quando aveva traversato a piedi questo tratto della catena appenninica), sulla piana di Castelluccio e sul vicino pian Perduto (dove in inverno scopriamo si pratica lo sci di fondo).
Scendiamo in paese per mangiare in uno dei due ristoranti disponibili. Mangiamo le famose lenticchie che accompagnano un generoso maiale ma anche, grazie alla moglie del proprietario di origine brasiliana, dei piatti piu’ esotici che mai avremmo pensato di gustare qui. Andiamo a dormire con negli occhi le immagini di questo luogo e invidiando un po’ una coppia di motociclisti in viaggio per l’Africa che dormono in tenda nella piana.
Al risveglio non li invidiamo piu’ non perche’ stia piovendo, peggio, nevica! Avremmo dovuto sapere che la neve non e’ cosi’ infrequente in questi luoghi, ma ci siamo fatti cogliere impreparati. Decidiamo di partire comunque, non ci sono segni di miglioramento in tempi brevi. Ci copriamo per quanto possibile con giornali e sacchetti di plastica e riattraversiamo la piana per la Forca di Presta. Il dislivello non e’ molto ma il freddo intenso e la neve che colpisce con forza a causa del vento non ci consentono di procedere spediti. Davide e’ costretto a ripararsi dietro una jeep parcheggiata al passo per scattare qualche foto che testimoni il momento. Ma non c’e’ tempo, via in discesa, rapidi per quanto consentito dal freddo che intirizzisce le mani e rende difficoltoso l’uso dei freni, sperando che la neve diventi pioggia e che l’aria si riscaldi. Ivan ha l’intuizione di usare alcuni calzini al posto dei guanti invernali di cui siamo sprovvisti e questo aiuta non poco nella lunga discesa fino ad Arquata del Tronto. Nel frattempo Enrico vive un momento di grossa difficolta’ a causa della rottura dei freni ed e’ costretto a scendere a piedi nei tratti piu’ ripidi. Noi lo attendiamo anche piuttosto preoccupati e infreddoliti. Quando il gruppo e’ di nuovo compatto abbiamo la fortuna di imbatterci in un bar aperto (e’ domenica 25 aprile) e li’ una gentilissima signora ci accoglie e ci da’ di che scaldarci. Immaginate il disastro che le abbiamo procurato fradici come eravamo.
Cosi’ ritemprati partiamo per Ascoli Piceno, li’ supponiamo di poter trovare un treno che ci conduca per le 16 a San Benedetto, in tempo per prendere l’interregionale per Pavia. Siamo fradici ma ormai ci siamo abituati e l’aria non e’ piu’ cosi’ fredda anche se continua a piovere, inoltre la strada mantiene comunque una buona pendenza in discesa e quindi, alternandoci e sfruttando le scie, giungiamo rapidamente ad Ascoli che attraversiamo in fretta fino alla stazione dove scopriamo che di domenica non partono treni. Dobbiamo correre se vogliamo coprire i km che ancora ci separano dall’adriatico e non perdere il treno. Ivan da’ prova delle sue doti di passista e con Davide a ruota, che inizia a sentire i primi segni di crisi dovuta alla fame (non abbiamo mangiato quasi nulla e il freddo ha accresciuto il nostro dispendio energetico), si lancia sulla pianura fino agli ultimi estenuanti km che sembrano non finire mai. Arriviamo con un anticipo sufficiente e il gruppo si ricompatta prima di fare i biglietti e svuotare la vetrina del bar della stazione. Credo che si siano ricordati per un po’ di tempo della nostra apparizione, affamati e bagnati come eravamo.
Prendiamo il treno ed abbiamo cosi’ la possibilita’ di cambiarci. Arrivati a Rogoredo un ultimo imprevisto ci attende; l’ultimo treno di Pavia partira’ con un’ora di ritardo e quando arriviamo e’l’una di notte. Siamo stanchi e affamati, perche’ comunque una colazione e due rapide soste in due bar non hanno compensato lo sforzo compiuto, decidiamo di colmare questo vuoto con pizza e birra nella pizzeria di fronte alla stazione (“Da Carlo”). Siamo contenti, finalemente sazi e rilassati, possiamo ripensare ai bellissimi luoghi cui tornare, magari con un pizzico di fortuna e di preparazione in piu’.